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Il corpo dello spettatore

Anche lo spettatore, come l'attore, ha un corpo e con questo suo corpo partecipa e influenza lo spettacolo

Negli studi teatrali da qualche anno a questa parte sta cambiando la stessa definizione di cosa sia il teatro. Si sta passando in particolare dal pensare allo spettacolo come opera-prodotto da fruire, al teatro come insieme di processi e di pratiche produttive e ricettive da mettere in campo. Questo cambio di prospettiva apre nuovi scenari e campi di studio e rivoluziona il ruolo dello spettatore al punto da rendere tale nome (spettatore dal latino spectator-oris "osservatore", colui che assiste ad un fatto) non più adatto a descrivere chi è presente (ma dunque partecipa) ad uno spettacolo teatrale.

Questa nuova definizione di teatro da lo spunto a marco De Marinis per definire una Nuova Teatrologia nella quale vengono privilegiati i processi e le pratiche rispetto ai prodotti, da un lato, e ai sistemi astratti (codici, convenzioni, etc.), dall’altro. Potremmo anche dire che la Nuova Teatrologia considera le opere, siano esse testi scritti o spettacoli, dal punto di vista processuale, ovvero dal punto di vista performativo; e questo la porta a mettere l’accento sugli aspetti performativi dei fenomeni teatrali.

Nella teatrologia classica la definizione di teatro era sfuggente al punto di parlare di effimero perché l’unica cosa ferma e concreta era il testo, tutto il resto, l’esibizione era unica, perduta, irrecuperabile una volta eseguita. Porre invece l’accento proprio sulla performance e sui suoi processi restituisce importanza a ciò che avviene sul palco ogni sera.

Concentrarsi sulla performance come definizione stessa del teatro sovverte il principio di lascito di uno spettacolo come “memoria della performance” facendolo divenire “Performance come memoria”, cioè sulla trasmissione corpo a corpo tra attore e pubblico e apre il campo a studio della neuroscienza in un’impostazione che considera lo spettacolo stesso, o meglio le pratiche performative che lo sostanziano, come una traccia o piuttosto come un modo di persistenza e di trasmissione non documentario, che si compie fondamentalmente nel corpo e mediante il corpo, tesi che consente di porre a contatto il teatro con discipline come l’antropologia che da sempre studiano le performance come uno dei modi principali con i quali le società e le culture persistono e si tramandano. Il sapere performativo (cioè derivante non da nozioni statiche ma da performance) viene definito embodied knowledge (conoscenza incorporata, fattasi corpo).

“Considerando le performance come vitali “atti di trasmissione”, ovvero un sistema di apprendimento, immagazzinaggio e trasmissione del sapere sociale, i Performance Studies consentono di espandere la nozione stessa di “conoscenza”, includendovi il “sapere incorporato” (embodied knowledge)”

A questo segue la distinzione tra “archivio” e “repertorio”, dove archivio è il ciò che è materiale, durevole, come il testo, il documento, l’edificio, l’oggetto e repertorio è ciò che è embodied knowledge, cioè il parlato, la danza, lo sport, il rito …). Importantissimo è notare che la conoscenza incarnata sfugge alla documentazione, ma non significa che svanisca, che sia immateriale e irrecuperabile. Essa si replica attraverso i propri codici e le proprie strutture.

La nuova relazione per eccellenza quindi è quella tra attore e pubblico. Su questa relazione gli studi sono ancora pochi e acerbi. Ciò che è chiaro è che va superata l’idea antica che della performance resti solo una memoria confusa e contaminata dal pubblico che la ricorda. L’evento performativo può essere studiato tenendo conto delle condizioni in cui si è svolto (storiche, socioculturali, antropologiche, biologiche) grazie ai suoi presupposti dalla parte dello spettatore: orizzonte d’attesa, abiti ricettivi, competenze, composizione socio-culturale, motivazioni ed alle sue conseguenze a breve, medio e lungo termine tra le quali per prima la traccia che lo spettacolo lascia nella memoria soggettiva dello spettatore. Studiare i presupposti e le conseguenze dell’evento teatrale, cioè il passato e il futuro della relazione attore-spettatore, permette di avvicinarsi anche al suo presente, e dunque all’esperienza teatrale in quanto tale, di toccarla in qualche modo.

“Generalmente, l’esperienza dell’attore, come quella dello spettatore, è sempre stata considerata una variabile troppo intima per costituire un “oggetto” di studio. Oggi, però, determinati studi nati proprio dalla collaborazione tra neuroscienziati e fenomenologi, considerano l’esperienza come un sistema emergente, imperscrutabile per via diretta, ma accessibile tramite l’indagine dei livelli di cui è composto e delle relazioni da cui emerge [...]. Mettiamo in chiaro una cosa: gli stati emotivi, le epifanie, le scelte, gli accostamenti che lo spettatore può fare di fronte ad uno spettacolo, sono, nella loro quasi totalità, imprevedibili. Ma imprevedibile non è sinonimo di casuale. Studiare l’esperienza performativa dello spettatore non significa capire cosa lo spettatore pensa, o prova; significa piuttosto provare ad individuare i meccanismi intersoggettivi che permettono allo spettatore di costruire e godere di essa”

A questo punto sembrare banale affermare che la relazione teatrale mette in gioco il corpo così come la mente, i muscoli non meno del pensiero, i sensi e i nervi almeno altrettanto dell’immaginazione e dell’emotività, e ciò sia per lo spettatore che per l’attore o performer. Tutto questo la gente di teatro lo sa da sempre ma molto meno, appunto, lo sanno la teoria teatrale e i teatrologhi.

“Particolarmente importante è stata la presa di coscienza che, non meno dell’attore, anche lo spettatore è provvisto di un corpo, oltre che di una mente e di una competenza enciclopedica e intertestuale, e che è con il suo corpo e nel suo corpo (in realtà, corpo-mente, corpo-memoria) che egli fa esperienza dello spettacolo, cioè lo percepisce, lo vive, lo comprende, gli reagisce (si potrebbe parlare, forse, di “tecniche del corpo” anche per il vero e proprio lavoro che lo spettatore compie in quanto tale a teatro”

Questi concetti sono tanto più giusti quando cerchiamo di giustificare come lo stesso spettacolo sia percepito diversamente da ogni singolo spettatore. Questo accade perché ognuno di loro ha una sua conoscenza, una sua esperienza adi vita, una sua sensibilità (intesa proprio come capacità di percepire attraverso i sensi), e un suo corpo. Ad es. una esibizione di danza viene percepita in modo più compiuto da chi ne ha esperienza. Un ballerino viene colpito diversamente da un completo estraneo alla danza da un passo particolarmente acrobatico o emotivo. Analogamente uno spettatore che abbia pratica di teatro riconosce meglio degli altri errori o incertezze nella performance.

Prestare maggiore attenzione agli aspetti performativi e tenere in maggior conto il fatto che lo spettatore ha un suo corpo cambia o può cambiare l’approccio al teatro definendo una via più moderna con la quale praticare questa magnifica arte.

G.P.